AFI Awards 2012: Moonrise Kingdom, politique des auteurs versus non serialità

I due giovani protagonisti, Jared Gilman e Kara Hayward

Aveva cominciato a darsi un tono nel panorama mondiale quando nel 1998 confezionò Rushmore, da quel momento in poi il regista Wes Anderson ha potuto regalarsi solo glorie, grazie alla costanza con cui la critica lo ha additato come uno dei maggiori talenti del nuovo cinema. Se fosse nato qualche decennio fa, ci sarebbe stata una battaglia senza esclusione di colpi tra i facenti parte della politique des auteurs e i sostenitori della non serialità. Sì perché Anderson è uno di quei registi che palesano senza nascondersi uno stile inconfondibile che è difficile rendere riconoscibile e personale, farlo emergere dall’ensemble del mondo cinematografico.




Bill Murray, Francis McDormand, Edward Norton e
Bruce Willis
Il motivo per cui avrebbero litigato è unico e sempre il medesimo, ovvero il quieto vivere dello stesso regista che nonostante abbia uno stile inconfondibile e particolareggiato, stenta a improntare un film “da Oscar” come si suole dire. I Tenenbaum, Le avventure acquatiche di Steve Zissou, Il treno per Darjeeling e l’avventura plasticosa di Fantastic Mr.Fox sono fermi al loro beneamato stile, ma con un’anima che prova ad accostarsi alla superficie, difficilmente riuscendoci. Una pecca che in parte troviamo anche nel nuovo Moonrise Kingdom, un bellissimo affresco colorato che strizza l’occhio ad un decennio passato, raccontando la fuga d’amore di un boyscout orfano e di una ragazzina irascibile, ricercati da tutta un’isola che propone i suoi problemi singolari.

Jared Gilman
Un movimento di macchina orizzontale è ormai il marchio di fabbrica di Anderson e fin dai primi minuti si riconosce senza alcun disturbo. Il suo moto è piacevole, i colori maniacalmente curati e i feticci attoriali sempre presenti, oltre ad alcuni innesti di grande peso, ma (c’è sempre un “ma”) la pellicola non riesce ad emergere e a completarsi, costretta in quel piccolo mondo fatto di stilismo e di riconoscimento, come quando una donna si trucca per mostrare un’altra faccia di sé. Certamente si è di fronte ad una pellicola nettamente importante, costruita a dovere come solo pochi sanno fare e certamente come efficacia è il suo film maggiormente riuscito (anche se alcuni propendono, con ragione, verso Fantastic Mr.Fox), ma per essere un film che ambisce al meglio, “da Oscar”, bisogna avere maggiore spessore, cosa che questa pellicola stenta ad avere.

Nessun commento:

Posta un commento