Gianni Amelio e Marco Muller |
Certo che la
rappresentativa dei cineasti mongoli, della nuova ed interessante
Ulan Bator, storcerà sicuramente il naso a sentire le parole
caustiche e polemiche del direttore Gianni Amelio. La sortita
offensiva, o difensiva che dir si voglia (ma si sa che la miglior
difesa è l'attacco), va a toccare la stessa ferita non rimarginata
che dallo scorso giugno adombra l'arte del red carpet romano, al via
domani 9 novembre, e di conseguenza quella più sobria di Torino.
Amelio contro Müller,
direttore in uscita contro direttore in entrata, il primo a scadenza
di mandato e pronto a lasciare spazio all'omologo Gabriele
Salvatores, l'altro voluto e soffiato da Venezia per volere della
casta alta per riportare Roma ad essere caput
mundi
anche nella settima arte, per tornare ai fasti di Cinecittà. I
mongoli dicevamo, si saranno indispettiti: “C'è chi vuole male a
questo Festival e vorrebbe solo opere prime o seconde, ma solo di
registi mongoli”.
Gianni Amelio alla scorsa edizione del TFF |
Una
chiara frustrazione quella di Amelio che non vuole dir nulla al
cinema asiatico, ma andare a colpire il direttore di Roma che con il
regno dell'ei fu Gengis Khan ha qualche affinità. Il motivo è
sempre quello, l'accavallamento delle due manifestazioni, la resa
obbligatoria di Torino al mare rosso glamour di Roma che come un
bullo decide di appropinquarsi là dove il territorio è
rappresentato dalla Mole Antonelliana. Ma Amelio si sente comunque
orgoglioso, dice, perché è riuscito nell'intento di portare anche
del bagliore stellare al festival: “Noi abbiamo l'esordio alla
regia di Dustin Hoffman, che a 75 anni ha diretto Quartet”.
Cosa dice però Müller
a tal proposito. Come succede tra due bambini, arriva il più
semplice dei botta e risposta “Sono contento che abbiano un film
notevole già presentato a Toronto e a Londra, mentre noi inseguiamo
la linea delle prime mondiali”.
Marco Muller |
Io ho
questo, tu non ce l'hai, e viceversa. Questa è la coda, lo strascico
adolescenziale della polemica, nata dalla già citata intromissione
in territorio straniero. Torino chiede spazio (due settimane di
stacco tra le due manifestazioni) e Roma risponde, trattando “a
pesci in faccia”, come riporta il presidente del Museo del Cinema
Ugo Nespolo, la più che lecita richiesta. I problemi di bilancio
della Capitale quindi vanno ad intaccare il contorno dell'ex
Capitale, quella unitaria del 1861, che ne subirà certamente alcune
conseguenze, considerato che le testate giornalistiche non manderanno
mai “i loro inviati immediatamente dopo la scorpacciata di Roma”, rincara il regista premiato la scorsa settimana con l'Efebo d'oro per il suo Il primo uomo. E
quindi, non poteva non rispondere ancora Müller
che di rimando parla di armonizzazione delle date e di un secco “No,
noi non ci spostiamo” da parte degli organizzatori piemontesi. Non
sappiamo quale versione sia quella attendibile, anche se un'idea
appare chiara e quadrata, ma certamente tutto questo fervore
agonistico non fa bene al nostro cinema, già di per sé in rilevante
crisi.
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