Stanley Kubrick |
Chissà cosa
ne penserà Stanley Kubrick, sepolto sei piedi sotto il suo giardino
nella sua casa ad Harpenden, di tutta questa attenzione che il mondo
cinematografico gli sta dando in questo anno bisestile e di credenza
funesto. Il significato che trapela da questa annata, volutamente o
meno, dedicata al grande regista americano naturalizzato britannico,
non ci è dato di conoscerlo, ma certamente qualche motivazione avrà
spinto le grandi manifestazioni nostrane e mondiali a dedicargli
piccoli o grandi spezzoni di palcoscenico per la sua indiscussa
maestria. Rodney Asher, documentarista eclettico e sperimentatore,
forse ha lanciato il sasso e ritirato la mano, mostrando l'occulto di
Shining nel suo Room 237 che già ha fatto il giro
del mondo, in anteprima al Sundance, in seconda battuta sulla
Croisette, portato fino alla Grande Mela ed infine approdato al
Festival dei Popoli, evento ai ranghi di partenza.
La locandina di Room 237 |
Certamente
un'Osanna coi fiocchi per un documentario che spiega ciò di cui noi
sospettavamo, per via anche dell'aura di mistero e violenza che
aleggiava perenne sul viso barbuto di Kubrick, ma che palesa
raccontando con occhi diversi l'horror del regista americano, dei
suoi messaggi non subliminali, degli inserti che richiamano alla
violenza e al sesso; svelando che il significato sintomatico è in
realtà un omaggio ai soprusi dovuti agli Indiani d'America e
all'Olocausto degli Ebrei, oltre ad una pseudo spiegazione sul falso
allunaggio, tema ormai trito e ritrito. Se ancora il compianto e
disturbante Kubrick non si fosse sentito tirato in causa, ecco che
approda al PKF lo sconosciuto Jan Harlan, sconosciuto se non altro
per i non addetti ai lavori. Perché il produttore e ora regista
tedesco fu il promotore dell'arte di Kubrick, erogando soldoni
sonanti per i suoi film, a partire da Arancia meccanica
fino all'ultimo discusso lavoro Eyes Wide Shut,
fino appunto al festival ebraico-israeliano dove ha portato il film
da lui diretto, Stanley Kubrick. A Life in Pictures.
Da sinistra a destra: Arliss "Cowboy" Howard, Vincent "Palla di lardo" d'Onofrio, Ronald "Sergente Hartman" Lee Ermey e Matthew "Joker" Modine |
E
questa eterna carrellata bisestile che sveglia dalla sua tomba il
regista di 2001: Odissea nello spazio,
termina domani a Roma (salvo altri piacevoli inserti futuri) con un
duo tutto particolare. Cominciando con il 25° anniversario dalla
distribuzione di Full Metal Jacket,
un cult come si ama ormai etichettare, e terminando con un quasi
omonimo e provocatorio mediometraggio, Full Metal Joker,
del nostrano Emiliano Montanari verso il personaggio-narratore del
film, interpretato da Matthew Modine, per altro, in occasione del
tappeto rosso fiammante condiviso con Cannes, invitato alla
manifestazione romana. Insomma non sappiamo cosa avrebbe potuto
pensare Kubrick di tutte queste attenzioni, lui che dal mondo si
voleva distaccare, generando un nuovo mondo, forse più reale, meno
idealizzato, che scopriva le viscere dell'essere umano, le rivoltava
e le portava alla luce, per mostrare quello che doverosamente
bisognava mostrato. Che ci sia un motivo valido o solo una
coincidenza astrale di eventi, questo è certamente il suo anno e
forse che sia caduto in un anno bisestile, non sorprende poi tanto.
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